Evoluzione tattica - parte III

Continua il nostro viaggio alla scoperta delle principali avanguardie tattiche che hanno rivoluzionato il gioco del calcio. Qui la prima parte e qui la seconda parte

Nel 1925 l'IFAB cambia la regola del fuorigioco, che passa da 3 a 2 uomini (così com’è oggi). Questa misura è volta a favorire gli attaccanti, così da generare maggiore spettacolo. Ciò costringe molti tecnici ad aumentare il numero di difensori e a migliorarne la coordinazione. Nel medesimo anno l’Arsenal ingaggia il tecnico dell’Huddersfield Town, due volte di fila campione d’Inghilterra, Herbert Chapman. In quel periodo storico la dottrina calcistica è unanime nel decretare che la piramide (o metodo) fosse il miglior sistema di gioco possibile. Chapman è stato uno dei primi allenatori-innovatori della storia del calcio, curava molto la preparazione atletica dei suoi giocatori, oltre ad essere un vero studioso del gioco che finirà per innovare e influenzare tatticamente col suo WM.

Il WM di Chapman (o Sistema)

 WM perché lo schieramento in campo visto dall’alto dava l’impressione di una W e di una M sovrapposte. 
Nel sistema il centromediano viene abbassato al centro, tra i due difensori, componendo una difesa a 3. La difesa per la prima volta non controlla più lo spazio marcando a zona, bensì controlla l’avversario marcando ad uomo.  Davanti al trio difensivo i due mediani, che hanno compiti principalmente difensivi e in fase di possesso compongono un quadrato con le due mezzeali per far uscire il pallone dalla propria metà campo, componendo di fatto un 3-2-2-3. Fondamentale per questo sistema di gioco il lavoro delle mezzeali, che sono i giocatori che possono far decollare il gioco della squadra con le loro giocate e la loro fantasia. Più avanti  le ali, che hanno compiti di rifinitura con cross dal fondo per la punta e gli inserimenti dell’altra ala o delle mezzeali. Infine l’attaccante, che nella visione di Chapman è l’uomo di rifermento sul quale lanciare lungo per far salire la squadra e difendere palla in avanti e finalizzare il gioco prodotto.

I dettami di Chapman vengono ben recepiti e il primo anno l’Arsenal arriva secondo dietro i campioni dell’Huddersfield. Nei quattro campionati successivi però le idee di Chapman non producono i risultati sperati, né in termini di gioco né di risultati con l’Arsenal che si piazza sempre a metà classifica. Il 1931 è però l’anno della svolta, l’Arsenal vince il suo primo titolo nazionale, anche grazie alla perseveranza nelle idee del suo allenatore. I Gunners bissano il titolo nel 1933, “the Chapman’s system” si rivela vincente e molte squadre cominciano ad adottarlo, soprattutto in Inghilterra. Le idee di Chapman sono così ben recepite dai suoi giocatori che vinceranno il titolo anche nel 1934, anche se il loro mentore era venuto a mancare il 6 gennaio del 1934.

Quando, negli anni Trenta, sono salite alla ribalta le grandi squadre sudamericane, l’Uruguay, il Brasile, l’Argentina, il cui gioco aveva sorpreso il mondo, il calcio europeo ha risposto adottando il sistema di gioco all’inglese, il WM. Credevamo che il WM fosse la fine del mondo, eravamo convinti di possedere la strategia perfetta, immutabile come il sistema solare.” Vladimir Dimitrijevic, La vita è un pallone rotondo, Adelphi 2000.

Il WM di Chapman si impone nel corso degli anni come il nuovo verbo calcistico, ribaltando la visione della dottrina. Nel corso degli anni ’30 viene sempre più utilizzato in Europa, in particolare viene riadattato dalla Scuola Danubiana. Molti di questi allenatori, girovaghi per eccellenza, hanno poi contribuito ad espandere il WM, aggiungendovi qualche particolare accorgimento.


Il WM, la Serie A, i Maestri Danubiani e la Nazionale Italiana
Il calcio degli anni Venti e Trenta è dominato soprattutto a livello europeo-continentale dalle culture calcistiche le cui civiltà primitive hanno avuto originario sostentamento dal fiume Danubio. Infatti sono gli anni d’oro del calcio ungherese, che pone le basi per quella che vent’anni dopo sarà la "squadra d’oro", orgoglio della Nazione. Come dice Federico Buffa, la straordinarietà di questi allenatori danubiani è che, oltre ad essere cittadini sotto ogni cielo, riescono a mischiare l’epico al quotidiano. Molti arrivano in Italia come calciatori per poi affermarsi come allenatori, è il caso di Feher, Veisz e Viola. In particolare Viola allenò il Milan e in allenamento faceva rincorrere ai suoi giocatori le galline, come facevano in Uruguay, ma soprattutto impostò il suo Milan sul WM, in conformità al grande Genoa di allora. Altri invece vennero solo in qualità di allenatore, come Karoly, Brocic e Vykpalek che allenarono la Juventus; Kovacs, Ekker e Nehadoma alla Triestina; Schaffer che vinse il primo scudetto della Roma; Senkey che guidò il Novara. Restando ancora in Piemonte, Erbstein prima e Kutik dopo, che posero le basi del Grande Torino. Un altro importante allenatore danubiano fu l’ungherese Banas che allenò il Milan tra il 1931 e il 1933; fu uno dei primi ad applicare in Italia alcuni principi di gioco del WM, vista la tendenza nel campionato italiano alla verticalizzazione e al lancio lungo, reinterpretandolo così da creare quello che verrà definito il “mezzo-sistema” e che pone le basi di quello che sarà il catenaccio  vent’anni dopo.

Mentre la rivoluzione del WM attraversava l’Europa e cominciava a diffondersi in Italia, l’approccio al nuovo sistema di gioco, da parte della dottrina calcistica italiana, fu molto diffidente. Intanto perché in quegli anni la Nazionale Italiana era sul tetto del mondo utilizzando il metodo, nonostante gli Inglesi venissero considerati comunque i maestri del gioco. Inoltre Vittorio Pozzo, giornalista e CT della Nazionale riteneva che il sistema fosse inadatto per le caratteristiche atletiche degli Italiani, non propensi ad un gioco così dispendioso.
Il 13 maggio 1939 a Milano è sfida totale tra i campioni del mondo dell’Italia e gli inventori del gioco, gli Inglesi; ma la partita vede contrapposti anche i due sistemi di gioco, il metodo col quale si disponevano gli Italiani e il sistema adottato dagli Inglesi. Il risultato finale sarà di 2-2.

Il Grande Torino
Il WM in Italia, alla fine degli anni ’30, ancora non riesce ad imporsi come sistema di gioco dominante. Nel 1939 il Torino prende il magiaro Kuttik, che riceve in eredità la panchina granata dal connazionale Erbstein. Kuttik imposta la squadra sul WM e dopo alcune stagioni altalenanti nel campionato 1941-42 il Torino arriva secondo perdendo il campionato all’ultima giornata in casa del Venezia. Dopo quella sconfitta il Torino acquista Loik e Mazzola, proprio dal Venezia. Nel 1942, nonostante il Paese sia impegnato nella Seconda Guerra Mondiale, in Italia si gioca comunque il campionato. Il Torino 1942-43 ha dunque acquistato le mezzeali perfette per giocare col WM e rinforzato il centrocampo con l’acquisto del mediano Grezar. Alla fine della stagione è il Torino a vincere il campionato, il secondo della sua storia, il primo di una squadra italiana col WM.
La formazione base del Grande Torino, che per un lustro dominerà in Italia, prima della tragedia di Superga che ha separato gli amanti del calcio da una delle squadre più forti ed amate di sempre.

Il Torino appunto applica il sistema. In porta gioca Bacigalupo, portiere dalle incredibili doti fisiche per quei tempi, con un'esplosività muscolare fuori dal comune e ottimi riflessi. Il terzino destro era Aldo Ballarin, difensore arcigno e grintoso, non eccezionale tecnicamente, ma insuperabile difensivamente. Al centro della difesa Rigamonti, bravissimo nelle letture difensive centrali e nel coprire la zona centrale del campo coi suoi meravigliosi tackle. Terzino destro Maroso, cresciuto nelle giovanili del Torino, un giocatore unico, bravissimo sia in fase difensiva che in fase di ripartenza, con le sue fughe palla al piede sulla fascia sinistra. La cerniera di centrocampo è composta da Grezar e Castigliano, col primo con compiti più difensivi soprattutto in marcatura preventiva e il secondo più propenso all’inserimento. I giocatori in grado di far fare il salto di qualità sono però le due mezzeali, Mazzola e Loik. Mazzola ha un controllo di palla perfetto, una forza fisica pazzesca, dominante in campo e un gran tiro. Loik compensa i difetti del compagno di reparto, offrendogli una sponda per triangolazioni rapide e strette, inoltre la coppia Loik-Mazzola in quella zona di campo sono devastanti per qualunque linea mediana che quasi sempre perde il 2vs2 in quella zona di campo. In avanti agiscono Menti e Ossola, che dominano le fasce mettendo in area cross al bacio. Centravanti Gabetto, un centravanti atipico, non il classico riferimento su cui giocare il pallone alto, bensì un centravanti rapido e tecnicamente dotato, molto freddo sotto porta e particolarmente bravo in acrobazia, all'occorrenza anche ala.

Il tragico epilogo del Grande Torino cancella per sempre una delle più grandi squadre della storia del gioco. Il calcio italiano per più di un decennio non riuscirà a risollevarsi da quella tragedia, fino all'arrivo dell catenaccio.

La grande Ungheria e il ventennio d’oro del calcio magiaro

Una particolare rivisitazione in chiave offensiva del WM viene offerta dal tecnico dell’Ungheria Sebes. Vista la gran mole di campioni presenti in squadra, da Hidegkuti a Puskas, da Czibor a Kocsis, si imposta un calcio molto intenso, rapido, e tecnico, schierando la squadra con un baricentro molto alto.

La grande Ungheria schiera a difesa della porta Grocsis, portiere molto abile nel giocare coi piedi, che in fase di non possesso gioca in posizione da libero per dar copertura ad una linea difensiva molto avanzata sul campo, anticipando di oltre un ventennio l'evoluzione del portiere imposta dal "totalvoetball". Davanti a Grocsis, tre difensori schierati in linea, supportati da i due mediani che si sdoppiano in fase di possesso e in fase di non possesso. Giocatori chiave sono i due esterni, che offrono un'interpretazione molto moderna del ruolo, infatti, oltre a giocare le due fasi, sono in grado di difendere sia indietro che in avanti aggredendo il possesso avversario. Il finto centravanti è Hidegkuti, prima punta forte fisicamente, che arretra tra le linee per cucire il gioco coi centrocampisti, diventando di fatto un trequartista. Complice il movimento di Hidekguti ad attrarre la difesa avversaria, Kocsis e Puskas possono sfruttare gli spazi che vengono a crearsi, trovandosi spesso in area di rigore in situazioni di parità o superiorità numerica rispetto agli avversari.

Tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta l’Ungheria è la squadra più forte del mondo. Sono i primi non britannici a battere l’Inghilterra a Wembley vincendo per 6-3. Non perdono per 4 anni, dal 4 giugno 1950 al 30 giugno 1954. Vincono le Olimpiadi del 1952 ad Helsinki e sono tra i favoriti del Mondiale del 1954. Arrivati in finale perdono clamorosamente con la Germania, che avevano già battuto per 8-3 nella fase a gironi, facendosi rimontare il vantaggio iniziale di 2-0; complice un Puskas in pessime condizioni al quale fu annullato il regolare goal del 3-3. La sconfitta nella finale mondiale a detta di molti sociologi ungheresi è una delle cause che porterà alla rivoluzione dell’ottobre 1956, che porterà molti giocatori a fuggire dal Paese, tra cui la stella della squadra Ferenc Puskas che andrà a giocare nel Real Madrid.

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