Diritti TV, Serie A e Premier League a confronto

Negli ultimi anni, nonostante dei risultati deficitari in campo europeo, è evidente la superiorità del sistema calcio inglese, soprattutto in termini economici. Le squadre inglesi navigano "nell'oro", sia grazie agli introiti derivanti dal merchandising, dalle sponsorizzazioni e dai ricavi da stadio, ma soprattutto grazie ai diritti TV.  Nelle ultime settimane si è molto discusso sui diritti TV della serie A per il triennio 2018-2021. In molti hanno citato l’esempio della Premier League, che rispetto al precedente triennio di vendita ha incrementato del 71% il fatturato derivante dalla cessione dei diritti TV del campionato. Infatti la Premier League incassa dalla vendita dei propri diritti televisivi 5 miliardi e 136 milioni di sterline, tra diritti TV interni ed esteri, per il triennio 2016-19. Il successo del prodotto calcio inglese non è legato al solo spettacolo offerto dalle partite, anche le modalità di vendita dei pacchetti sono particolari e studiate appositamente per rendere il prodotto maggiormente fruibile.

Somiglianze e differenze tra  Italia e Inghilterra nella distribuzione del prodotto calcio
In Inghilterra non tutte le partite del campionato vengono trasmesse in TV, infatti delle 380 partite disputate nel campionato solo 168 (divise tra Sky e BT) vengono trasmesse integralmente in TV. A differenza dell’Italia dove tutte le partite sono trasmesse in TV. Il che è un paradosso, nonostante vengano vendute meno partite l’offerta è nettamente più alta, soprattutto considerando il valore medio della singola partita. Ad oggi il prezzo per singola gara trasmessa in Inghilterra è di 10,191 milioni, mentre in Italia è di 2,481 milioni.
 In Inghilterra ogni partita è trasmessa da un solo broadcaster che ne ha dunque l’esclusiva. In Italia solo 132 partite sono trasmesse in esclusiva, ma non si tratta di match di cartello bensì di gare tra squadre con bacini d’utenza medio bassi che generano scarsi ascolti, come Empoli-Crotone o Pescara-Palermo.
 In entrambi i paesi si punta molto al campionato spezzatino, in Inghilterra è una realtà consolidata, in Italia si sta ampliando maggiormente per rendere più appetibile la vendita dei diritti TV, garantendo più fasce orarie di trasmissione.
 Oltremanica le partite del sabato alle 16 non vengono mai trasmesse, per incentivare l’affluenza negli stadi, un po’ come dire che in Italia le partite della domenica alle 15 non vengono trasmesse e per vederle si deve andare allo stadio. Per il sistema italiano sarebbe pura follia.
 Infine possono essere trasmesse al massimo 25 partite di una singola squadra, nemmeno tutte trasmesse dalla stessa rete (ad esempio un tifoso dell’Arsenal abbonato a Sky potrà assistere in TV massimo a 20 delle 38 gare di campionato della sua squadra). Anche qua c’è una sostanziale differenza, infatti in Italia di ben 8 squadre si possono vedere tutte le partite su entrambi i broadcaster, mentre delle restanti 12 squadre si possono vedere tutte le partite solo su Sky.
  Queste condizioni sono possibili perché in Inghilterra c’è un tifo diffuso e più variegato, quasi l'opposto che in Italia dove poche squadre vantano la maggior parte dei tifosi. Inoltre in Inghilterra gli stadi e gli efficienti collegamenti rendono più allettante andare vedere una partita allo stadio in termini di accoglienza e comodità di viaggio. In Italia tra stadi inadatti e collegamenti deficitari una simile impostazione sarebbe deleteria, ad esempio per un tifoso juventino residente in Sicilia risulterebbe particolarmente complesso andare a Torino a vedere la Juventus.
Ovviamente trapiantare il sistema inglese in Italia, per le ragioni elencate, sarebbe particolarmente faticoso, oltre che quasi inefficace. Infatti il sistema infrastrutturale degli stadi e delle comunicazioni stradali favorisce un simile approccio nella contrattazione dei diritti tv. In Italia un simile approccio farebbe colare a picco il sistema calcio, che è settato su differenti parametri di mercato e soprattutto di offerta.

Pacchetti differenti offerte differenti

I pacchetti della vendita dei diritti TV del campionato inglese sono 7 e non sono divisi per squadre, bensì per fasce orarie di trasmissione, in base al giorno. Pur acquistando tutti i pacchetti disponibili non sarebbe possibile trasmettere tutte le partite del campionato. Questo dimostra come una simile selezione qualitativa sia preferita ad un'offerta maggiormente quantitativa. I pacchetti in questione hanno fruttato un’offerta di 5,136 miliardi di sterline. Inoltre ogni squadra può disputare fino ad un massimo di 5 gare nella medesima fascia oraria, ma con un minimo di una gara trasmessa, per dare eguale visibilità a tutte le squadre. Questo si riflette soprattutto nella spartizione dei proventi televisivi che non amplia eccessivamente la forbice tra i top club e i club di bassa classifica, garantendo campionati equilibrati, infatti negli ultimi 5 anni ci sono stati 4 differenti vincitori del campionato. Unica controindicazione della spartizione così equilibrata può essere la scarsa competitività nelle competizioni Uefa, dovuta appunto ad un campionato eccessivamente livellato.

La situazione italiana è ben diversa, oltre agli intrighi di palazzo, i pacchetti sono divisi in trasmissione in digitale terrestre e in satellitare (almeno per i pacchetti A e B che comprendono Juve, Milan, Inter, Napoli, Benevento, Spal, Verona e la squadre con minore audience del campionato), quindi due pacchetti uguali che di fatto non dovrebbero portare ad alcuna esclusiva per chi li acquista, visto il dualismo Mediaset-Sky. Il pacchetto D è l'unico e non prevede distinzioni tra satellitare, digitale e internet, che per 400 milioni consente la trasmissione di tutte le partite, ben 324, delle restanti 12 squadre del campionato, con solo 132 match in esclusiva assoluta. Infine il doppio pacchetto C, che riguarda solo le squadre dei pacchetti A e B, ma per quanto concerne la trasmissione online, alla modica cifra di 100 milioni l’uno. Le criticità del pacchetto C sono molteplici, infatti oltre al fatto che la rete delle telecomunicazioni in Italia, in confronto al resto dei paesi UE, è deficitaria; sia Sky che premium trasmettono le partite online attraverso le relative internet TV (NowTV e Premium Online). Questi pacchetti hanno portato ad un'offerta insufficiente rispetto a quanto richiesto dal bando, complice anche l’assenza della Mediaset. Il bando d’asta verrà riformulato in autunno; l’eventuale accordo è di vitale importanza per i destini del campionato. Probabilmente in autunno Mediaset sarà associata ai colossi Telecom e Vivendi e quindi potrebbe partecipare all'asta. In caso di mancato accordo si profila una sub concessione nella trasmissione delle gare, anche se in lega più di un presidente aveva profilato la creazione di un canale della Lega di Serie A.

L’importanza dei diritti tv in Italia

I bisogni finanziari sempre crescenti delle squadre di calcio, negli ultimi anni hanno reso sempre più importanti gli introiti derivanti dalla vendita dei diritti TV. Infatti, nonostante molti critichino l’evoluzione del calcio che è passato da spettacolo dal vivo a prodotto televisivo, ciò è fondamentale per mantenere costante la competitività tra club, sia a livello nazionale che a livello europeo. La serie A ne è addirittura dipendente, infatti, in media il 48% dei fatturati delle squadre di Serie A è composto dagli incassi derivanti i diritti TV. In Italia questo è dovuto soprattutto perché le squadre non hanno incassi rilevanti dallo stadio, da sponsor o dalla vendita dei loro prodotti e spesso sono costrette a fare cessioni importanti per chiudere il bilancio in pareggio. Raggiungere la quota di 1 miliardo di proventi attraverso i diritti TV sarebbe di fondamentale importanza per mantenere in vita il calcio italiano.

Spartizione dei proventi
Altro tema dibattuto è la spartizione dei proventi derivanti dai diritti TV. L’importanza della spartizione ha una duplice faccia e infatti un'equa divisione deve tenere conto sia della competitività interna al campionato, sia della competitività delle squadre del medesimo campionato impegnate nelle coppe europee. In Italia la spartizione della torta dei diritti TV per il 40% è divisa equamente tra tutte e venti le squadre della serie A, il 30% in base al bacino di utenza delle varie squadre (quasi a totale appannaggio delle big) e il 30% in base ai risultati sportivi.  Ciò a differenza dell’Inghilterra dove il 50% degli introiti vengono divisi in parti eguali tra le 20 partecipanti, il 25% in base a quante partite di ogni singola squadra vengono trasmesse in TV e infine il restante 25% in base al merito sportivo. Questa differente spartizione ha fatto sì che negli ultimi 5 anni in Inghilterra ci siano stati 4 differenti vincitori e nessuno consecutivamente, a differenza della serie A dove la Juve ha dominato. Però uscendo fuori dai confini nazionali, nonostante un budget più ricco da parte delle squadre inglesi, il Ranking Uefa dell’ultimo quinquennio dice che le squadre della Premier League qualificatesi alle coppe europee hanno registrato 75,9 punti mentre quelle della Serie A ne ha messi a segno 73,3 ( inoltre dalla prossima stagione la Premier League partirà con solo 0,6 punti di vantaggio sulla Serie A).
Importare in blocco un sistema calcistico da un paese ad un altro non è una scelta vincente, però il sistema calcio in Italia presenta ancora delle problematiche che ne limitano la massima espansione, sia per cause interne che esterne. Si deve puntare sugli stadi per restare competitivi e creare offerte TV allettanti che incentivino la diffusione del calcio TV sia in Italia, ma soprattutto all'estero. La creazione di un canale tematico della Lega di Serie A potrebbe essere un passo in avanti, ma non una soluzione.

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